L’aspirante musicista (prima parte)

Ripercorrere la propria vita artistica sin dalla prima nota suonata è sempre stato uno dei miei obiettivi prefissati e che mi sono sempre ripromesso di raggiungere. Con queste righe spero di rendere interessato il lettore cercando di riuscire a fargli immaginare, parola dopo parola, ogni sensazione vissuta, sia essa una vittoria od una sconfitta. Ma sono state queste ultime che mi hanno aiutato ad essere più perseverante, più carico e più deciso a fare meglio continuando a realizzare nuovi progetti musicali che, di anno in anno, sono stati testimoni di affermazioni e traguardi raggiunti. Ma ciò che più conta, per un aspirante musicista, sono state le soddisfazioni ottenute anche da un singolo apprezzamento e da un minimo complimento dopo ore ed ore trascorse a scegliere la giusta melodia ed il suono perfetto usati per ogni singolo progetto musicale prodotto. Ma quando è nato tutto ciò? Dobbiamo fare un salto indietro nel tempo di qualche decina di anni ovvero nel 1985 quando, a seguito di una promessa mantenuta, riuscii ad avere la mia prima chitarra classica. E fu cosi che iniziò la mia vita musicale. Ricordo ancora quella emozione mentre il Maestro Cirrone accordava la mia prima chitarra acquistata poco prima nel suo storico negozio in Via Pacini a Catania. Il Maestro aveva i capelli grigi nonostante non fosse così avanti con l’età mentre io ero un bambino di circa 8 anni. I miei coetanei ambivano ai giocattoli più costosi mentre io ambivo a quella chitarra promessa e regalatomi da mio padre dopo aver raggiunto un buon voto a scuola. Ricordo che il primo consiglio del Maestro Cirrone fu quello di imparare a suonare i “giri” e pertanto mi diede un manuale degli accordi che mi misi subito a studiare. Un classico: il giro di DO. In un suo film, Checco Zalone spiegava che col giro di DO si ha a disposizione la maggior parte del repertorio musicale.. e non aveva torto! Ammetto che inizialmente non è stata una passeggiata ma alla fine, prova dopo prova,  riuscivo a suonare gli accordi con maggior naturalezza. Trattavo quella chitarra come una reliquia: imparai ad accordarla usando il diapason, la pulivo con costanza e di tanto in tanto cambiavo la muta delle corde. I polpastrelli erano doloranti ma non mi importava: suonavo ed ero felice. Ero felice quando cominciai ad imparare da autodidatta anche gli arpeggi mentre quello strumento era diventato un compagno quotidiano che non abbandonavo mai. Ormai mi sentivo dentro il mondo della musica e dopo due anni dalla prima plettrata mi sentivo un perfetto chitarrista. Ma ovvamente non lo ero e me ne resi conto quando un giorno andai a far visita alle mie nonne che vivevano nell’entroterra siciliano, a Sommatino, un piccolo paesino della provincia di Caltanissetta. Li conobbi dei ragazzi che si riunivano in un monolocale adibito a sala prove dove suonavano una serie di cover, da “Con le Mani” di Zucchero ad “Another Brick in the Wall” dei Pink Floyd; io li osservavo credendo di ascoltare uno dei più grandi gruppi musicali esistenti. Effettivamente per me, un bambino sognatore, lo erano e col senno di poi non posso negare che fossero bravi e carismatici. Ricordo ancora quel calore umano che donava quel paesino, con quei colori accesi, le vigne in periferia e la cordialità delle persone che conoscenvano le mie nonne. Quel gruppo musicale esprimevano tutto questo con la loro musica ed il loro modo di suonare. Osservavo ovviamente il chitarrista che, avendo saputo che mi stavo avvicinato al mondo musicale, mi feve provare insieme al gruppo. Il mio primo “fallimento”! Sorrido ancora a quel ricordo! Mi misero al collo una delle loro chitarre elettriche e mi fecero suonare gli accordi di "Another Brick in the Wall”. Dopo nemmeno una ventina di secondi si fermarono e mi fecero una domanda attonita: “ma stai suonando una mazurka?” Evidentemente quella che per me sembrava la gisuta ritmica della chitarra d’accompagnamento nell’iconico brano dei Pink Floyd era, all’orecchio della band, completamente sbagliato! Mi tolsero la chitarra dalle mani dicendomi che avevo ancora tanto da imparare  e rimasi li ad ascoltarli. Dopo un pò tornai a casa dalle mie nonne con un piccolo magone ed un po’ di amarezza per quanto poco prima accaduto. Ma c’era un pensiero che mi risuonava in mente: “non preoccuparti, dimostrerai di cosa sei capace di fare…” . Era l’anno 1987 ed avevo 10 anni e l’amore per la musica era talmente forte che riuscivo a vedere in quella delusione il forte pretesto per studiare meglio quello strumento e continuare a restare nel mondo meraviglioso della musica.